La riparazione del LCA del ginocchio
Il Legamento crociato anteriore (LCA) è il principale stabilizzatore statico del ginocchio e costituisce insieme al legamento crociato posteriore il pivot centrale.
E’ una struttura intra-articolare, la cui origine femorale è da ricercare sulla superficie mediale del condilo femorale esterno nella porzione posteriore della gola intercondiloidea. Il legamento decorre poi anteriormente, distalmente e medialmente verso la sua origine tibiale, area ampia e scavata da ricercare anteriormente e lateralmente rispetto alla spina tibiale mediale a livello della fossa intercondiloidea. La sua lunghezza media è di 32 mm, con un diametro medio di 11 mm.
E’ costituito da due fasci:
• antero-mediale: origina prossimalmente alla “bifurcate ridge”, è il principale stabilizzatore della traslazione anteriore della tibia sul femore, valutato clinicamente con il Lachman test, risulta esser teso in flessione
• postero-laterale: origina distalmente alla “bifurcate ridge”, responsabile secondariamente del controllo della stabilità rotatoria del ginocchio, risulta teso in estensione.
La vascolarizzazione del LCA è garantita dall’arteria genicolata media, ha un’innervazione fornita dal nervo articolare posteriore (branca del nervo tibiale) ed una composizione prevalente di collagene di tipo 1 (90%) e tipo 3 (10%).
Come si ricostruisce il crociato?
Per quanto riguarda le tecniche di ricostruzione del LCA, il primo punto da affrontare riguarda la scelta del trapianto: allograft o autograft. Mentre l’utilizzo dei primi sono associati ad un più alto numero di fallimenti, specie nei giovani sportivi, gli autograft (tendine rotuleo – BPTB, semitendinoso e gracile – HS, tendine quadricipitale –QT) mostrano risultati molto simili e la scelta spesso ricade quasi esclusivamente sull’esperienza del chirurgo.
Il BPTB è stato per un lungo periodo considerato il trapianto “gold standard” per la ricostruzione del LCA, ma negli ultimi 10 anni l’utilizzo degli hamstrings è molto aumentato, fino addirittura a sorpassarlo. Come dimostrato in letteratura, la ricostruzione con tendine rotuleo garantisce una ottimale integrazione del tendine stesso. Questo processo è stato definito da Amiel “ligamentizzazione” e consiste nell’insieme delle modificazioni che il graft subisce. Tale processo attraversa due fasi distinte: l’iniziale degenerazione ed il successivo rimodellamento vero e proprio. La fase di degenerazione è causata dalla necrosi avascolare che porta ad un’importante diminuzione della cellularità. La successiva fase di rimodellamento vero e proprio passa per un’iniziale rivascolarizzazione con ripopolamento cellulare ed una successiva maturazione delle cellule stesse che acquisiscono caratteristiche morfologiche e biochimiche quasi analoghe a quelle del legamento originale. Quando ciò non si ottiene, l’infiltrazione di liquido sinoviale all’interno dei tunnel ossei, unitamente al rilascio dei prodotti di degradazione della fibrina, scatenerebbe una risposta infiammatoria responsabile a sua volta del ritardo, se non addirittura dell’impossibilità, della guarigione completa del neo-legamento. In un recente lavoro infatti Ferretti et al. hanno dimostrato alla valutazione con TC, una scarsa integrazione nel 40% dei pazienti.
Questa tecnica ha diversi svantaggi: dolore anteriore di ginocchio molto frequente (>60%), maggior incidenza di artrosi femoro-rotulea, rischio di fratture di rotula soprattutto durante la riabilitazione e rotture del tendine rotuleo. Il rischio di re-rottura sembra esser maggiore nei pazienti < 20 anni con un graft < 8 mm.
L’utilizzo degli hamstrings è caratterizzato da meno dolore post-operatorio, hanno una “load to failure” di 4000 N. Durante il trattamento riabilitativo si assiste ad una minore forza della flessione del paziente rispetto al BPTB, che diviene però non statisticamente significativa a 12 mesi di follow-up, questo anche grazie ai meccanismi di riparazione valutati ecograficamente nel 2000 da Papandrea et al.
Lo svantaggio principale nell’utilizzo del gracile e del semitendinoso è legato alla fissazione; questa è spesso al di fuori dei tunnel tibiale e femorale, con il potenziale svantaggio di “allungare” (bungee effect) proporzionalmente il trapianto che può quindi sviluppare un aumento di elasticità dopo carichi ripetuti o avere micromovimenti (effetto tergicristallo). Un altro problema è la mancanza di contatto osso-osso fra trapianto e tunnel; il contatto tendine-osso comporta guarigione in circa 12 settimane, un tempo decisamente più lungo quindi rispetto al trapianto con tendine rotuleo.
La minore incisione chirurgica nella sede del prelievo, può comunque comportare un’area di anestesia della zona cutanea interessata per l’interruzione delle branche sensitive del nervo safeno, complicanza che può esser evitata con un’incisione chirurgica più obliqua nella sede del prelievo.
Chee et al. in una meta-analisi di I livello pubblicata nel 2017 su Arthroscpy hanno dimostrato come con un follow-up di circa 60 mesi i risultati clinici ed i fallimenti non sono statisticamente differenti tra il gruppo BPTB e HS, ma nel primo gruppo si ha un significativo dolore anteriore di ginocchio maggiore nell’inginocchiamento con un deficit di estensione.
L’utilizzo degli allograft è piuttosto limitato e spesso riservato a casi particolari, come revisioni in pazienti “low demand”. Sono caratterizzati da un lungo periodo di integrazione, rischio basso ma presente di trasmissione di malattie (HIV), aumentato rischio di re-rottura (circa 4.3 volte maggiore in pazienti tra 10-19 anni). I meccanismi di processazione del graft comportano cambiamenti nella struttura del trapianto: sterilizzazione con anidride carbonica diminuisce proprietà meccaniche e strutturali, le radiazioni > 3 Mrad (necessarie per uccidere HIV) diminuiscono la rigidità del 30%, congelamento distrugge le cellule ma non la forza del trapianto come anche la clorexidina gluconata al 4%.
Tian et al. ha verificato con un follow-up a 7 anni i risultati clinici tra il gruppo trattato con allograft vs. HS e sebbene i risultati clinici fossero sovrapponibili, una differenza statisticamente significativa è da segnalare nei casi di fallimento (30% vs 7.5%), nella lassità residua e nel grado di degenerazione artrosica.
Le tecniche di ricostruzione del LCA da anni vedono il dibattito tra le due tecniche maggiormente utilizzate: singolo fascio o doppio fascio. Lo sviluppo di questa ultima tecnica nasce dal pensiero degli autori che i fasci AM e PL siano in grado di poter controllare l’instabilità rotatoria, e quindi, una loro ricostruzione, può evitarla.
Già nel 2008 però, Ferretti et al. avevano dimostrato con l’utilizzo del navigatore, che la tecnica SB e quella DB, non mostravano differenze significative in termini di ATT e rotazione interna della tibia. Invece in un altro lavoro, si dimostrava come la tecnica SB con aggiunta della plastica periferica determinava a 30° di flessione una riduzione significativa della ATT e della rotazione interna rispetto al gruppo con solo DB.
La recente letteratura, come dimostrano Liu et al., in uno studio randomizzato a doppio cieco con follow up di 80 mesi, non mostra differenze significative in termini di outcomes clinici, re rotture, degenerazione artrosica, ritorno allo sport.
Che novità ci sono nella lesione del LCA?
RIPARAZIONE DEL LCA
Sicuramente merita una menzione particolare la sutura e
quindi la riparazione del LCA che negli ultimi anni sta
ritrovando spazio tra le opzioni chirurgiche. Questa può
avere un augmentation statico (tape) o dinamico
(fissazione corticale femorale con elastico collegato) o
esser priva di augmentation. I criteri di inclusioni accettati
per le riparazioni e legati ad un miglior risultato clinico
sono: Rottura acuta del LCA (entro 10 giorni), Lesione
medio-prossimale del LCA. Criteri di esclusione: Lesioni
multi-legamentose, Remnant retratto o di scarsa qualità,
lesione distale del LCA. L’obietto della riparazione consiste
nella re-inserzione anatomica del LCA lesionato.
La decisione della riparabilità è prevalentemente intraoperatoria, anche se le RM di alta qualità, permettono
una buona valutazione del tipo di lesione e della qualità
del legamento restante.
LCA riparato visto in artroscopia.
Vantaggi della riparazione:
• Riparazione è anatomica
• Non c’è prelievo, minor dolore post-operatorio
• Minor rischio infettivo
• Si sfrutta la guarigione biologica del legamento
• Nel caso di fallimento, si procede a ricostruzione primaria e non alla revisione chirurgica
Svantaggi della riparazione:
• Non presente in letteratura follow-up a lungo termine
• Solo in pazienti selezionati