L'anca Pediatrica
DISPLASIA CONGENITA DELL’ANCA
La displasia congenita delle anche è anomalia congenita dello sviluppo dei componenti dell’articolazione coxofemorale, che porta alla progressiva perdita dei rapporti degli elementi dell’articolazione nei primi mesi di vita. Predilige il sesso femminile (M:F=1:5), spesso bilaterale e talvolta può associarsi ad altre malformazioni come il piede torto congenito.
Eziopatogenesi
L’eziologia è multifattoriale. I fattori ereditari determinano un insufficiente sviluppo della cavità cotiloidea che è poco profonda e con il tetto sfuggente. A queste caratteristiche si somma la lassità della capsula articolare. Questi fattori contribuiscono a rendere l’articolazione instabile.
Contribuiscono inoltre fattori ambientali: oligoidramnios, presentazione podalica, primogenitura,
uso di particolari fasciature che mantengono le gambe addotte ed estese.
Clinica
L’anamnesi familiare positiva è il primo segno di sospetto soprattutto nei soggetti di sesso femminile. La diagnosi può essere fatta immediatamente alla nascita, nei primi mesi di vita o con la deambulazione.
Alla nascita può essere fatta una diagnosi clinica o ecografica. Le manovre cliniche (manovre di Ortolani e di Barlow) con il passare del tempo dopo la nascita tendono a negativizzarsi.
Altri segni di sospetto sono: asimmetria delle pliche cutanee delle cosce e delle natiche e atteggiamento di lieve rotazione esterna dell’arto.
Nei primi mesi di vita: limitazione dell’abduzione ad anche flesse, accorciamento dell’arto affetto nel passaggio dalla posizione spina a quella seduta mantenendo le ginocchia estese (segno di Savariaud).
Dopo deambulazione: a paziente supino con anche e ginocchia flesse il ginocchio del lato affetto si trova ad un livello inferiore (segno di Galeazzi), risalita del gran trocantere, arto atteggiato in extrarotazione, limitazione dell’abduzione, zoppia durate la deambulazione (segno di Trendelemburg).
Ecografia
L’ecografia delle anche consente di fare diagnosi precoce e va eseguita entro la 12ª settimana di vita extrauterina.
Il "metodo di Graf" si sviluppa attraverso quattro fasi principali (ricerca della sezione frontale standard, giudizio morfologico, giudizio quantitativo, stadiazione). Sulla base di questi parametri l'anca può essere definita "normale", "displasica" o "decentrata".
Questa metodica può essere utilizzata come strumento diagnostico e come strumento di controllo durante il trattamento.
Radiografia
La radiografia del bacino consente di fare diagnosi tardiva di displasia dell'anca durante l'epoca precedente alla deambulazione ma non in epoca neonatale.
Terapia
Alla nascita, in forme non gravi, è sufficiente utilizzare il tutore divaricatore che mantiene l’anca in posizione centrata rispetto al cotile.
Nei casi più gravi in cui la testa è lussata può essere necessario porre l’arto inferiore del neonato in trazione (a cerotto) per alcuni giorni. Quindi si esegue la riduzione della lussazione in sala operatoria in anestesia generale. Si esegue l’artrografia iniettando nella capsula articolare del mezzo di contrasto con dell’aria (artrografia a doppio contrasto), in modo tale da “verniciare” la testa del femore e verificare sotto controllo radiografico che la riduzione sia stabile e concentrica. Infine si confezione un apparecchio gessato pelvi-podalico con anche flesse ed abdotte. L’apparecchio gessato viene rinnovato ogni mese per 3 mesi, successivamente il posizionamento di un tutore divaricatore per altri 6 mesi completerà il trattamento.
Nei casi in cui non è possibile ottenere una riduzione stabile e concentrica è necessario intervenire chirurgicamente per liberare il fondo dell’acetabolo da quelle strutture che impediscono la riduzione.
Nei casi osservati nei primi anni di vita si rendono necessari interventi chirurgici invasivi come osteotomie del bacino e osteotomia varizzante del femore.
ARTRITE ED OSTEOARTRITE SETTICA DELL’ANCA
Definizione
Infezione causata generalmente da batteri piogeni, raramente da forme tubercolari, favorita da un abbassamento delle difese immunitarie del bambino.
Clinica
Nei neonati la diagnosi è spesso difficile per compromissione delle condizioni generali che mascherano segni tipici quali febbre e leucositosi marcata.
Segni indicativi sono l’atteggiamento di difesa dell’arto inferiore in flessione e rotazione esterna e dolore alla mobilizzazione. Nei bambini più grandi, in età di deambulazione, compare la zoppia.
Gli esami strumentali quali ecografia e RMN mostrano tendenza alla sublussazione dell’anca e versamento intra-articolare notevole. Nella fase degli esiti, la radiografia può mostrare riassorbimento osseo destruente.
Trattamento
Il trattamento deve essere rapido, praticando una artrotomia o artrocentesi per svuotare la raccolta purulenta e impostando un trattamento antibiotico adeguato. Eventuali esiti andranno trattati in base al tipo e alla gravità.
SINOVITE TRANSITORIA DELL’ANCA
Definizione
Artrite ad insorgenza acuta, ad eziologia ignota, che colpisce i bambini da 3 a 7 anni di età.
Clinica
La sintomatologia spesso insorge in concomitanza o successivamente ad un episodio influenzale (presunta origine virale) con zoppia e dolore alla mobilizzazione dell’anca in assenza di leucocitosi marcata e alterazioni scheletriche. Il versamento articolare può essere dimostrato con l’ecografia o con la RMN. La diagnosi differenziale va fatta con l’artrite settica e il Morbo di Perthes.
Trattamento
La sinovite transitoria dell’anca si risolve spontaneamente e la sintomatologia può essere contenuta con comuni farmaci anti-infiammatori.
MORBO DI LEGG-CALVE’-PERTHES
Definizione
Il morbo di Legg-Calvè-Perthes (MLCP) è una comune patologia acquisita dell’anca che si presenta nei bambini tra i 4 e 12 anni di età, prevalentemente di sesso maschile. È una alterazione di tipo necrotico-degenerativa, ad eziologia incerta, che colpisce il nucleo epifisario prossimale del femore. Bilaterale nel 10% dei casi, ha un decorso lento, tra i due e i tre anni.
Eziologia
Le cause del MLCP sono sconosciute anche se sono state proposte diverse teorie. La teoria attuale è quella di una sofferenza vascolare della epifisi prossimale del femore.
Clinica
I bambini presentano dolore lieve, di solito correlato all’attività fisica e alleviato dal riposo. Frequentemente il bambino ha dolore ricorrente e zoppia “di fuga”. A volte il dolore è riferito alla coscia o al ginocchio, e questo può essere motivo di ritardo nel trattamento. Limitazione dell’anca nei movimenti di abduzione e intrarotazione e ipotrofia del quadricipite sono segni obiettivi classici. Gli esami di laboratorio sono negativi ma possono essere richiesti per escludere altre patologie con un quadro sintomatico simile (es. artrite settica, osteomielite).
Valutazione strumentale
Il quadro radiografico supporta la diagnosi ed è utile nel follow-up, ripetendo l’esame ogni 6 settimane-3 mesi dalla prima indagine.
Si possono identificare 4 stadi radiografici:
1. iniziale (settimana iniziale);
2. frammentazione (6-12 mesi);
3. riossificazione (1-2 anni);
4. rimodellamento (5 anni).
Nel primo stadio si può osservare solo l’allargamento dello spazio cartilagineo ed un piccolo nucleo di ossificazione della testa femorale.
Trattamento
Indipendentemente dalla classificazione radiografica, il fattore prognostico più importante è l’età del paziente al momento della diagnosi. I bambini al di sotto dei 5 anni guariscono senza un trattamento specifico. L’età di 8 anni sembra essere lo spartiacque, mentre oltre i 10 anni si hanno scarsi risultati clinici e radiografici con o senza trattamento.
Il fine del trattamento è quello di mantenere la serie di movimenti dell’anca e la sfericità di una testa che sia bel coperta dall’acetabolo. Il tutore Atlanta-Scottish Rite è attualmente quello più utilizzato in quanto meglio tollerato rispetto ai precedenti. L’immobilizzazione in tutore va dai 6 ai 18 mesi. L’esclusione dal carico non è indicata.
Per quanto riguarda il trattamento chirurgico, non esistono delle chiare indicazioni, anche se bisogna considerare alcuni aspetti sociologici e fisiologici prima dell’ntervento. Sono stati descritti numerosi interventi, tra cui possiamo citare la miotenotomia del muscoli adduttori dell’anca, l’osteotomia varizzante di femore e l’osteotomia pelvico-innominata.
Postumi
Studi a lungo termine dimostrano che l’80% dei pazienti è attivo e libero da dolore per 20-40 anni dopo la comparsa dei sintomi, ma otre i 40 anni la funziona deambulativa è ridotta marcatamente, e oltre la sesta decade può svilupparsi una significativa patologia degenerativa dell’anca.
EPIFISIOLISI
Un adolescente obeso con una zoppia ha una epifisiolisi finchè non viene provato il contrario. (Herring)
Definizione
L’epifisiolisi è una patologia dell’età adolescenziale (10-16 anni di età) caratterizzata da un cedimento strutturale dello strato di mineralizzazione della cartilagine di coniugazione presente tra la testa ed il collo femorale. L’epifisiolisi è prevalente nei maschi in sovrappeso ed è bilaterale nel 25-30% dei casi.
Eziologia
L’eziologia è sconosciuta. Sono state ipotizzate diverse cause tra cui traumi, fattori meccanici, processi infiammatori, cause genetiche (familiarità, frequente riscontro in alcune sindromi genetiche) e disordini endocrini (distrofia adiposo-genitale, ipotitoidismo, concomitanza con terapia con GH). Le forze di taglio del peso corporeo determinano lo scivolamento (epifisiolistesi) relativo della epifisi prossimale del femore rispetto alla metafisi.
Classificazione
Viene classificata secondo l’insorgenza in:
pre-epifisiolisi;
acuta (improvvisa con sintomatologia da 2 settimane o meno);
cronica (insorgenza oltre le 2 settimane con evidenza radiografica di rimodellamento da callo osseo);
riacutizzata (sintomi da oltre un mese con esacerbazione dopo trauma di minima entità).
L’entità dello scivolamento viene classificato:
grado I o prescivolamento (non vi è scivolamento. Il radiogramma in anteroposteriore evidenzia un ispessimento della cartilagine di accrescimento);
grado II (lo scivolamento della testa non supera 1/3 della ampiezza del collo femorale);
grado III (lo scivolamento è compreso fra 1/3 e 2/3);
grado IV (lo scivolamento è superiore ai 2/3).
Clinica
Il sintomo principale è il dolore che insorge in sede inguino-femorale con irradiazione al ginocchio omolaterale. A volte può esservi dolore riferito solo al ginocchio rendendo l’interpretazione più difficile.
L’arto è atteggiato in adduzione e rotazione esterna. L’articolarità è limitata è dolente. La zoppia è più o meno marcata.
L’evoluzione è generalmente lenta, ma a volte può presentare un peggioramento acuto per cui il paziente non riesce a comminare. Le complicanze più temibili delle forme acute sono la necrosi epifisaria con deformazione della testa femorale e la condrolisi della cartilagine articolare che comportano invalidità e predisposizione alla coxartosi precoce.
Valutazione strumentale
L’esame radiografico, in proiezione antero-posteriore e assiale, può mostrare da alterazioni modeste tipiche di una pre-epifisiolisi fino al completo scivolamento della testa. In genere non sono necessari ulteriori approfondimenti diagnostici.
Trattamento
Il trattamento prevede immediato scarico dell’arto affetto con bastoni canadesi ed il trattamento chirurgico di stabilizzazione della epifisi prossimale.
Nelle forme croniche non si devono tentare manovre di riduzione che potrebbero causare la necrosi epifisaria e la condrolisi. Si stabilizza la testa con una o 2 viti metalliche cervico-cefaliche (epifisiodesi in situ).
Nelle forme acute con scivolamento la procedura chirurgica è eseguita in regime di urgenza, con riduzione dello scivolamento, eventuale decompressione della cavità articolare, e con contestuale epifisiodesi.
L’epifisiodesi va mantenuta dai 3 ai 12 mesi, fino a chiusura della cartilagine di coniugazione.
Il carico può essere concesso parziale con bastoni canadesi per 2 settimane, successivamente progressivo fino al recupero totale come tollerato.
Eventuali esiti andranno trattati in base alla tipologia specifica.